mercoledì 1 aprile 2015

UNGHERIA & ROMANIA 2014 -2

10 GIORNO:          Da Budapest alla Romania

E' il 31 Luglio. La giornata è ben più calda di quelle che abbiamo visto nei giorni precedenti e quando partiamo dall'Ostello siamo già grondanti di sudore.
Uscire dal centro di Budapest e trovare la M3 risulta più semplice di quanto non sia stato entrare in città ma il traffico e l'asfalto restano da incubo.

-- MAPPA --

Oggi abbiamo una di quelle tappe "senza meta", quelle del "vediamo dove arriviamo", del "cerchiamo di arrivare più lontano possibile", dei "dai manca poco, andiamo avanti" anche se un posto preciso non c'è.
L'unico obiettivo è arrivare in Romania o comunque in prossimità cercando di lasciare l'autostrada e passare per il Parco Nazionale di Hortobagy, che in teoria dovrebbe farci tagliare un po.

L'autostrada scorre piatta, infinita, in un paesaggio che dopo un po' diventa anche monotono ma con la mente sono ancora a Budapest, ci ha davvero colpiti.
Il primo giorno ci aveva deluso con quel grigiore, quell'afa, quella grandezza sottovalutata, ma nei giorni successivi e nelle sere dopo si è mostrata per quella che è, una città come ce ne sono poche, grande, grandissima, piena di cultura, di monumenti di ogni stile e genere, tutti bellissimi, tutti che meritano una visita, piena di ristoranti, pub, bar e pasticcerie per ogni gusto che variano da quartiere a quartiere e ancora illuminazioni da favola, terme e una popolazione più viva e cortese di quello che può apparire al primo impatto, una città per cui non basterebbe una settimana e che soprattutto andrebbe vissuta più che visitata.

Vengo rapito da questi pensieri con la gioia e la consapevolezza di aver trovato una città in cui vale veramente la pena tornare e in cui non vedo l'ora di tornare, mentre la ninjetta macina km su km a 8 - 9 mila giri.
Sperando di non pentircene lasciamo l'autostrada che si allunga in un arco a nord-est e prendiamo la statale 33 che tagliando per Hortobagy arriva molto più diretta a Debrecen, dove siamo diretti.

Veniamo catapultati da quella che poteva essere l'autostrada di qualsiasi paese europeo, a quella che sembra a primo impatto una lingua di asfalto nel terzo mondo.
Nei primi paesini che attraversiamo ci accolgono case molto trascurate e gente apparentemente povera che ci guarda come marziani.
Inizialmente la paura di trovarci nel nulla senza possibilità di aiuto concreto mi fanno pensare di riprendere l'M3 poi invece la strada incomincia a scorrere veloce e veniamo rapiti dalla pianura ungherese interrotta solo da qualche fiume e lago paludoso.
Il Parco di Hortobagy non stravolge il paesaggio ma quella che fino a quel momento è stata una natura arida e secca si trasforma improvvisamente in un mare di erba verde in cui fanno capolino solo i tetti delle stalle che accolgono le immense mandrie allevate qui.
Per km e km non troviamo nulla lungo la strada, non una casa, non una piazzola, non un benzinaio e il paesino di Hortobagy dove arriviamo per pranzo è l'unico posto, almeno sulla mappa e fino a quel momento, dove poter mangiare qualcosa e riprendersi dal caldo asfissiante.



Una volta ripartiti arriviamo abbastanza velocemente a Debrecen, felice di aver fatto un'ottima scelta nel lasciare l'autostrada.
Qui ci troviamo davanti a una delle mie paure, attraversare la città da Ovest ad Est alla ricerca della statale 48 che punta dritto a Est fino alla Romania, solo che come temevo a Debrecen ci sono indicazioni o per il Nord o per il Sud e di questa benedetta 48 non c'è traccia obbligando chi non lo sa, a giri molto più lunghi per entrare in Romania.

Mentre grondante di sudore sto per impazzire nel traffico, veniamo affiancati da una Caponord con grafica mimetica da deserto e borse in alluminio, alla guida c'è un cristone di 100 e passa kg in calzoncini e maglietta militare e dietro una specie di barby che ci ignora completamente.
Il tizio viene incuriosito dalla targa e mi chiede ad un semaforo dove andiamo, gli spiego che cerco la 48 per la Romania ed esordisce con un "Follow me!!!"... resto un attimo interdetto, non ci posso credere, in Croazia a Karlovac era successo lo stesso e ci eravamo sentiti dire la stessa frase da un motociclista locale, io e Vale ci guardiamo ridendo poi parto all'inseguimento.
Ci porta fin fuori città, proprio sulla 48 e ad un semaforo ci saluta e via, ignaro forse di quanto sia stato prezioso. Grazie ovunque tu sia!

Con la 48 arriviamo dritti dritti al confine con la Romania in una frontiera apparentemente deserta.

L'emozione è tanta, come il timore che qualcosa non vada bene e la tensione per quello che troveremo dopo.
Sia io che Valeria accusiamo psicologicamente le raccomandazioni e le mille preoccupazioni che ci sono state sparate prima di partire e che mai come quest'anno sono state cosi assurde e pessimiste, sembra che dobibiamo andare nel terzo mondo o a Mordor, ma nella mia testa sento solo "Waaaa Romania! Ci sono arrivato! In moto! Waaa", sono come un bambino all'ingresso di Gardaland la prima volta.
Con gli stessi pensieri affronto il poliziotto alla dogana.
Escono in due, uno tace l'altro parla con tono severo.
Quando consegno i documenti restano increduli e ci fanno levare i caschi senza troppi complimenti.
Evidentemente gli dobbiamo sembrare due ragazzini e lo sguardo di entrambi diventa quello che ci accompagnerà per tutta la Romania, un misto tra l'incazzato e il perplesso.
E' come se noi li non ci dovessimo stare, come se stonassimo!
E' palese che mi voglia dire "Ma che cazzo ci siete venuti a fare in Romania?!" pero non lo dice e forse si fa qualche film mentale, qualcosa non gli torna.
Mi chiede i documenti della moto e la patente, poi sparisce nel gabbiotto con l'altro, riescono poi rientrano e poi ritornano.
Mi chiede di aprire le borse. Sfessuro quel tanto che basta a far vedere il casino e la pressione con cui sono infilati i sacchetti di plastica con i vestiti. Fa per chiedermi di aprire proprio le borse ma in qualche modo gli faccio capire che sarebbe un casino e alla fine ci restituisce i documenti e tutto.

Siamo ufficialmente in Romania!!!

Ci fermiamo pochi metri dopo la frontiera per la foto di rito con il cartello.
Da una parte temo che il poliziotto della frontiera cambi idea e mi richiami dall'altra ancora non ci credo, non posso non fare una foto, mi sento stupido ma psicologicamente mi sembra di aver raggiunto la terra promessa.

Con un certo dispiacere però devo ammettere a me stesso di non essere cosi aperto di mente come credevo, inizio a temere per la nostra sicurezza, per quella di Valeria, per quella della moto, anche il furgone dietro di noi lo inizio a vedere come un pericolo, e se ci seguono? E se ci rapinano?
Alla fine mando a fanculo tutti questi pensieri e mi ripeto che la Romania è un posto meraviglioso fatta di gente meravigliosa come ho sempre sentito da chi ci è venuto prima di me, come Daniel che in Italia mi sta pubblicando le foto sulla pagina, come la sorella Codrina che ci ha dato subito disponibilità ad ospitarci.
Ma non è facile.
Comunque non riesco a darmi la colpa di questi timori, per quanto mi ritenga una persona di mente aperta e che sa ragionare sono nato e cresciuto in una società cosi piena di pregiudizi, di razzismo e di ottusità che alla fine il germe del pregiudizio è entrato anche in me.
Ammetterlo e sforzarsi di mandarlo a fanculo pero mi sembra il primo passo per estirparlo e cosi faccio.

Salgo in moto e supero una breve striscia di bosco oltre cui mi aspetto di trovarmi non so nemmeno io che, semplicemente lo stupore! la meraviglia! E forse sarà perché la desideravo, sarà perché è quello che volevo vedere ma i primi km mi sembrano bellissimi!

L'asfalto che ci accoglie è bello come non sarà mai più, il paesaggio che in realtà non cambia molto da quello ungherese è molto più colorato e vivo.
Mari verdi di granturco si alternano a mari di girasoli gialli; ogni tanto sotto un ombrellone appare un banchetto di patate o di frutta; in mezzo ai campi, sperdute non si sa dove, spuntano come fari nel mare chiese bianche dai tetti argentati; i paesini che incontriamo e a cui non siamo ancora abituati sono lunghe file di case basse, una addosso all'altra, dall'aspeto più o meno abbandonato, chiunque ci vede si gira a guardarci più attirato lui da noi di quanto non lo fossimo noi da ogni cosa.
E poi ci sono loro, la ciliegina wild sulla torta, i mitici calessi creati assemblando millemila pezzi di veicoli diversi e trasportanti ogni cosa immaginabile, loro che credevo essere rari ed incontrati solo da pochi fortunati sono invece ovunque, ne incontriamo e superiamo in continuazione, sono i veri padroni della strada!

La strada scorre veloce e mentre mi guardo attorno come un ebete che vede tutto per la prima volta, mi accorgo che non ho la più pallida idea di dove stiamo andando, o meglio, so che dobbiamo andare verso Satu Mare ma il mio obbiettivo di oggi era solo entrare in Romania, non ho minimamente pensato a dove fermarci per dormire.
L'avevo pensata come una tappa del "vediamo dove arriviamo" ma ora dopo più di 9 ore di viaggio è arrivato il momento di fermarsi, si ma dove?
Attraversiamo solo file di case e campi, non c'è altro, non un negozio, una farmacia, un hotel o un affittacamere, nulla!

Puntiamo allora Carei, il primo centro abbastanza grosso dove troviamo qualcosa.
Qui sbianco quando mi accorgo che non ho nemmeno un Lei (moneta romena), solo fiorini ed euro, ma soprattutto non mi sono segnato il cambio euro/lei e potremo facilmente essere fregati se accettassero gli euro.

Inizio a guardarmi intorno, i pochi centri cambio e banche di Carei sono chiusi.
Guardo l'orologgio, sono le 17:30 come cavolo è possibile?
In realtà mi basterebbe una tabella con i cambi ma non trovo nemmeno quella.
Iniziano a girarmi abbastanza al pensiero di non avere Lei e di non sapere minimamente se un euro corrisponda a 1, 3, 5 o 10 Lei...poi vedo una fila di persone, una guardia giurata e una banca con la porta aperta.
Ottimo!
Fermo la moto li davanti, scendo e vado diretto alla porta, la apro, entro, mi ritrovo un'altra porta, faccio per aprire ma è chiusa. Vedo il personale dietro quindi sono aperti, poi sento urlare. Una mano sulla spalla. Mi giro di scatto e mi ritrovo faccia a casco con la guardia giurata, l'aspetto è tutto tranne che cordiale, la fila davanti alla banca mi guarda con gli occhi sgranati.
Il tempo di capire l'equivoco e alzo le mani come per dire che non volevo fare nulla.
La guardia urla cose incomprensibili tenendomi per le braccia, io parlo in italiano, mi levo di corsa il casco e gli dico "Italia! Italia! sorry sorry sorry!", quando capisce si calma e gli mostro la moto, si gira e vede vale e la moto, equivoco chiarito.
Gli spiego che vorrei solo cambiare soldi ma la banca ha appena chiuso.  Cazzo!
In tutto ciò una dipendente capisce e si affaccia, mi fa cenno di entrare e tra l'imbarazzo e la gioia supero la guardia ed entro.
Ci capiamo anche se poco e mi dice che può cambiarmi i soldi, tiro fuori 50 euro e vedo che vanno in difficoltà, mettono i soldi in due per arrivarci, ovviamente senza ricevuta e ovviamente ci hanno guadagnato ma almeno ho ottenuto di vedere una tabella ufficiale dei cambi, 1 euro si aggira sui 4 Lei e qualcosa ma varia molto.

Esco vittorioso con una mazzetta di lei che sembrano le banconote plastificate del Monopoli, ringrazio e mi scuso ancora con la guardia, poi guardo la fila di persone per cui la banca è rimasta chiusa e che mi guarda un po male e faccio il gesto di scusarmi, mi sento un po una merda e in effetti un coglione lo sono stato.

Lasciamo Carei dove non troviamo nulla per dormire e puntiamo Satu Mare al motto del "qualsiasi cosa vediamo va bene", intanto la luce inizia a diminuire.

Troviamo solo un paio di affittacamere a bordo strada a pochi km da Satu, decido quindi di provare ad arrivarci per vedere se in quella che sembra una cittadina di discrete dimensioni ci sia qualcosa di meglio.

Poco fuori mi fermo ad un albergo a 3 stelle, vuole 25 euro in due, non male ma penso ci sia di meglio cosi proseguiamo verso il centro e troviamo un po di traffico e un paio di hotel che per quanto belli e centrali ci chiedono 50euro per dormire. Troppissimo!

Torniamo con la coda tra le gambe al primo hotel, l'Hotel Dana, dove con 25 euro in due, dormiamo in una camera e in una struttura che in Italia non ci basterebbero nemmeno per uno, ovviamente colazione inclusa e wifi!

Nemmeno il tempo di scaricare i bagagli che ancora vestiti da moto corriamo ad un supermercato che ho visto entrando in città.
Sulla spesa non ci sarebbe nulla da dire se non fosse che essendo tutto in romeno non capivamo che carne stessimo comprando, chiediamo aiuto ad un ragazzo qualunque e lui come se fosse normalissimo, in inglese ci ha spiegato tutte le carni esposte, le parti e gli animali.
Mentre io mi esprimevo a gesti imitando galline, maiali e pecore manco fossi un mimo, lui è rimasto li impassibile nel suo inglese perfetto con un sorriso a 32 denti come se fosse felice di vederci... restiamo veramente di cacca, io in Italia non avrei saputo aiutarlo cosi bene!

La sera mentre in tv sparano manele e canti popolari a tutto spiano, preparo la solita cena accroccata in camera tra fornelletti, pentole, borse e caschi, poi una doccia infinita per riprenderci dal caldo e dalla stanchezza.

Solo alle 10 ho il tempo di scrivere a Codrina, la sorella di Daniel che ci dovrebbe ospitare.
Quando gli scrivo mi dice che sta andando a dormire, forse l'abbiamo anche svegliata.
Guardo l'orologgio e sono appena le 22.  Possibile?? Ma qui fanno tutto prima???
Mi scuso per il disturbo ma non pensavo che dormisse cosi presto, la risposta è una doccia gelata!
Per loro sono le 23!!
E' si! In frontiera scatta un ora di fuso che sposta le lancette avanti e in un attimo mi torna tutto, cercavo banche aperte alle 17e30 ma erano le 18e30, stavamo facendo la spesa e alle 19:30 ci hanno spinto in cassa, in realtà erano le 20:30 ed è un miracolo che non hanno chiuso le casse prima.

Mi sento veramente un coglione, lo sapevo ma mi ero del tutto scordato del fuso orario, che figura di merda!

11 GIORNO:          da Satu Mare a Borsa, il selvaggio Maramures!

-- MAPPA --

Lasciamo l'Hotel Dana con calma verso le 10, oggi dobbiamo arrivare a Borsa dove resteremo qualche giorno per vedere la zona.
La giornata è stupenda, fa da subito caldissimo.

Totalmente concentrato sul traffico non proprio ordinato di tir, furgoni, calessi e macchine, non noto un dosso dissuasore asfaltato, in realtà sembrava più un tubo ricoperto di asfalto.
Lo prendo completamente a 50/60 kmh, la moto si solleva per un secondo in aria e riatterra violentemente sotto il peso del carico, si scompone ma la tengo.
Mi fermo subito, ho sentito un botto assurdo e ho paurissima di guardare.
Ho piegato il cerchio? L'ho rotto? E' partito il portapacchi??
Incredibilmente è tutto ok, controllo e ricontrollo ma è tutto in ordine.

Mi prendo 5 minuti, sbollento l'incazzatura. Sto morendo di caldo sembra di stare in spiaggia.
Mi rendo conto che tra ieri e oggi ho già fatto troppe cazzate, non è da me, prendo questo come un ultimo avvertimento del destino, metto da parte l'entusiasmo per la Romania, la stanchezza, il caldo e quando risalgo in sella mi sento diverso.

Arriviamo velocemente a Baia Mare, sembra molto carina e ci vorremmo fermare a vederla ma non mi fido a lasciare la moto con le borse morbide e abbiamo ancora troppa strada da fare, convinto che l'asfalto sia sempre bello come lo abbiamo trovato finora rimando la visita ad uno dei giri nei giorni successivi.

Nemmeno usciamo da Baia che la strada si arrampica su per un monte, sembra essere l'unica strada e l'asflato cambia in modo netto.
Saliamo per quello che a me è sembrato un numero infinito di tornanti e km, in realtà solo 20 ma su un asfalto liscio, scivoloso, ricoperto di brecciolino e che dove non era pieno di buche sembrava steso su un letto di sassi, soprattutto nei tornanti c'erano cosi tanti bozzi da rendere impossibile curvare anche a 20 kmh, poi ancora crepe, buche e dislivelli, il tutto con macchine e tir che sfrecciano come su una crono-scalata.


Arriviamo in cima sfiniti e ci fermiamo in una specie di rifugio.

A scendere la strada è decisamente migliore e possiamo goderci il meraviglioso panorama che ci circonda.
E' bellissimo non vedere nemmeno una casa spuntare tra i monti.
Scendendo vedo lungo il ruscello che costeggia la strada una capanna di fieno e un fuoco, incuriosito mi fermo e vedo un signore sdraiato all'ombra della capanna in attesa forse di pescare qualcosa con quella che sembra una canna ricavata da un tronco.
Valeria si sta innervosendo, ha paura, non voleva che mi fermassi e non si fida.
Io invece sono incuriosito, già mi immagino un dialogo alla Totò Le Motò, lui nel suo romeno, io in qualche dialetto italiano, comunicando a gesti e capendo cose opposte, mi dispiace anche non avere un pacchetto di sigarette dietro, non fumo ma è un ottimo modo per attaccare bottone.
Nel frattempo il signore ci ha visti e sale sulla strada, giusto il tempo perché Valeria mi prospetti i peggiori scenari possibili, urlando e quasi piangendo.
E se ha un coltello? E se ci rapina? E se ha dei compagni? E se...
Mi agito, gli rispondo male... E chi cazzo è Robin Hood? Non lo sapevo io di passare di qui, lo sa lui?
Ma niente l'ansia e la paura si trasmettono e mi hanno contagiato, ho comunque più di mille euro contanti addosso. Salgo in sella quando lui mette piede sulla strada. Accendo mentre si avvicina.
Con un sorriso a 4 denti ci saluta mi chiede da dove veniamo (credo) e mi chiede una sigaretta.
Ecco lo vedi?! Voleva solo parlare, voleva una sigaretta! Lo sapevo!

Ma ho già messo la prima e sto girando la moto mentre lo saluto scusandomi e odiandomi.




Guido fino ad arrivare poco più giù ad una cascatella, qui mi fermo e mi sfogo con Vale.
Possibile che sei cosi terrorizzata? Cosi piena di pregiudizi? Basta pensare che il mondo ti vuole uccidere, che siano tutti banditi! Siamo in viaggio per conoscere, per distruggere certi limiti del cazzo! E poi cavolo sono il doppio di quell'uomo, ho un casco, protezioni ovunque! Quindi fidati e smettila di vedere tutto nero perché non è cosi e in anni di viaggi l'hai visto anche tu!

Ovviamente Vale mi risponde a tono e tutti i torti non ha ma c'è la giusta via di mezzo e ci chiariamo.

La strada si immerge poi in un filare continuo di case.  Poche, anzi pochissime, sono moderne villette colorate e bellissime, ma la maggior parte sono poverissime, in legno, spesso marcio, tetti e infissi riparati alla bene e meglio, alcune finestre rotte, altre senza vetri, altre hanno un telo di plastica.
Quelli che sulla mappa sono piccoli paesini a 10 km l'uno dall'altro diventano invece un'unica fila di baracche. I paesi qui non si estendono in largo ma in lungo, tutti costruiscono sulla strada principale, cosi quando termina un paese ne inizia subito un altro o quasi.


Davanti ad ogni casa ci sono delle panche dove gli anziani che non possono lavorare, stanno con i bambini troppo piccoli e tutti ci guardano mentre passiamo.
Non cambia molto dal passare in uno dei tanti sperduti comuni italiani, solo che qui le facce sono ancora più scavate dal sole e dalle fatiche, gli abiti sono molto poveri e sembrano tutti tra l'incazzato e lo stupito.

Dietro le case fanno da sfondo colline e boschi meravigliosi insieme ad una miriade di piccoli appezzamenti di terra dove tutti quelli che possono lavorare, dai bambini agli anziani, tagliano l'erba, la stendono su una specie di stendini a seccare e una volta secca la accumulano in enormi covoni di paglia di cui questi campi sono disseminati. Si va avanti a pezzettini e quando si arriva all'ultimo si ricomincia dal primo dove l'erba è ricresciuta, cosi per tutta l'estate, nel tentativo di accumulare più fieno possibile prima dell'inverno.
Ovviamente il tutto con strumenti che in Italia si trovano solo nei musei agricoli, i più tecnologici avevano delle piccole taglia erba ma ne ho viste due in tutta la strada.

Lasciamo la 18 e prendiamo la 185 che ci dovrebbe far tagliare un po ma finiamo in mezzo a posti ancora più desolati e in mezzo a sguardi ancora più cupi, l'asfalto inizia a diventare abbastanza brutto, le corsie più strette e il bordo frastagliato finisce bruscamente in una striscia di brecciolino alto.

Svoltiamo sulla 186, il paesaggio resta uguale, gli sguardi pure e il caldo aumenta ogni minuto.
L'asfalto in tanto diventa liscissimo e pieno di dossi più che di buche, un incubo!
La moto è stracarica, le sospensioni hanno poco gioco e arrivano continuamente a pacco, le ruote vanno dove vogliono spostate dai dossi interminabili e la moto vibra cosi tanto da essere insopportabile.
Tengo le braccia rigidissime, vado pianissimo, sento sobbalzare continuamente ogni bullone della moto, ogni muscolo.

In tutto ciò non c'è nulla! Nulla che non siano case, case e case! Non un bar, non un benzinaio. Niente!
Vorrei fermarmi ma non so dove, ho caldissimo, sento gocce di sudore scendere ovunque e dopo 10 minuti di sobbalzi continui mi sento a pezzi.
Basta! Mi fermo davanti alla staccionata di una casa all'ombra di un albero.

Vale è a pezzi, crolla del tutto e sbotta a piangere.
Non abbiamo mai fatto strade cosi brutte e il cado ci uccide.
E' stanchissima ma è anche molto preoccupata, anche lei ha notato che non c'è più nulla, non ci sono farmacie, ospedali, scuole, negozi, bar, meccanici, nulla e in più la gente vista finora, per quanto possiamo pensare positivo, ci ha guardato malissimo e sono davvero ma davvero poveri.
Se dovesse succedere qualcosa sembra impossibile venirne fuori e soprattuto mi rendo conto che se dovessimo avere bisogno di soccorso urgente ci potrebbero volere ore prima di vedere un'ambulanza o altro.


Ci spariamo un paio di integratori di vitamine e ripartiamo, la strada sarà quasi tutta cosi.
Arriviamo alle 16e30 a Borsa, 6 ore e mezza di viaggio per nemmeno 200km!
Mi fermo al primo posto che trovo per dormire, Pensione Royal 3 stelle, so che sicuramente non ce lo potremo permettere ma ci provo.

Entro, parlo con un ragazzo e chiedo il prezzo, me lo dice in Lei e già mi sembra basso, gli chiedo in euro quanto sarebbe e mi dice 17 euro.
A persona? No a camera!
Resto del tutto incredulo, la struttura apparentemente non ha nulla da invidiare ad un albergo a 3 stelle italiano e mi sembra pochissimo, richiedo per sicurezza e mi riconferma il prezzo.
Mi faccio mostrare la stanza, tante volte ci fosse la fregatura, ma è spettacolare.
Contento come un bambino gli fermo due notti e le pago subito.

Sistemiamo di nuovo tutto nell'ennesima camera del viaggio, ci riprendiamo contenti per l'ottima sistemazione e usciamo a vedere i dintorni mentre l'aria inizia a rinfrescarsi un po.
Anche qui non c'è praticamente nulla, oltre alla chiesa che troviamo chiusa, si passa da case poverissime a poche case che con parabole, mattonelle e ornamenti vari ostentano una ricchezza che stona.
Cerchiamo un posto dove comprare qualcosa per cena visto che non abbiamo nulla ma troviamo solo un buco dove comprare l'acqua in un boccione da 5 litri.
Ma qui come mangiano?


Per cena decidiamo di provare la cucina della Pensione. Alla fine se chiedono 17 euro per una camera cosi, quanto possono chiedere per una cena?!

Valeria prende una "Ciorba de burta", capiamo che è una specie di zuppa ma chiediamo mille volte al cameriere se è di carne o di trippa, lui ci dice sempre che è di carne.
Quando arriva è una scodella bianca, una mega zuppa di trippa!
Io scoppio a ridere, Vale si vorrebbe uccidere.
A me portano un piatto con polenta, smantana e un contorno di verdure.
La smantana è una specie di panna che in Romania si usa sempre, su tutto, dal dolce al salato, è tutto "cu smantana" e a me non dispiace.
Prendiamo anche un dolce, due bomboloni caldi ricoperti di smantana e cioccolato, il tutto accompagnato da acqua e birra e con un tramonto splendido a fare da cornice in un paesaggio che sembra alpino.
Il conto? 10 euro in tutto e stavamo per esplodere!

12 GIORNO:          Sapanta, il Cimitero allegro e il Monastero di Barsana

Partiamo con una certa calma poco prima delle 10, l'idea è quella di prendere la 18 fino a Sighetu Marmatiei e proseguire fino a Sapanta, dove c'è il famoso "cimitero allegro", una volta li decideremo come tornare.

-- MAPPA --

Scottati dall'esperienza del giorno prima temiamo che le condizioni delle strade ci fermino prima ma la 18 sembra decisamente migliore come strada e la moto, scarica dai bagagli, si comporta decisamente meglio.

Il problema è fare benzina, la spia si accende subito e mi rendo conto che l'ultima volta che ho fatto benzina è stato poco dopo Budapest, in Ungheria, mi sembra un secolo fa anche se sono passati solo 2 giorni, sono comunque 500km, è incredibile quanto consumi poco la Ninja!
Inizio quasi a preoccuparmi pensando di non trovare un benzinaio come il giorno prima ma la statale 18 è più importante e dopo poco ne trovo uno.
La prima benzina romena, 6,30 e qualcosa Lei al litro, circa 1,40 euro.
Per noi è poco ma rispetto allo stipendio medio romeno è tantissimo.

La strada è larga e ben asfaltata, rispetto a quelle dei giorni prima sembra una pista.
I paesini che attraversiamo sembrano meno estesi ed essendo sabato incontriamo molte più persone, con abiti più puliti ed eleganti e moltissime donne con il porto popolare, l'abito popolare spesso cucito a mano dalle stesse donne, pieno di colori, di decorazioni, pizzi e merletti che le fa sembrare uscite fuori da un libro di fiabe.
 

Paesaggi collinari e boschi si alternano lungo una strada che invita a spingere sempre di più e a moto scarica faccio fatica a tenermi un margine di sicurezza.


Arriviamo velocemente a Sapanta dove è subito chiaro quale sia la principale e unica attrazione locale.

In realtà non ci sono indicazioni precise, le case come ogni paese sono fitte lungo la strada e all'inizio, in cerca di un cartello, siamo arrivati fino alla fine del paese, poi con un po di intuito abbiamo trovato dove infilarci e siamo spuntati sul "cimitero allegro".
La caratteristica di questo cimitero è che ogni tomba invece delle nostre lapidi, ha una croce di legno dipinta di blu, incisa e decorata a mano.
Sulle croci oltre ad essere raffigurato quello che faceva il defunto in vita o come è morto, c'è una piccola descrizione umoristica della persona.
Si paga 1 euro l'ingresso ma purtroppo non vengono fornite traduzioni o almeno a noi hanno detto che non c'erano.
 

La cosa che ci ha lasciati più perplessi è che il cimitero è attivo ancora oggi, non è un monumento, non sono solo tombe vecchie ma tuttora chi muore a Sapanta viene sepolto li.
Fa pensare notare come moltissimi di loro sono vissuti 80/90 anni pur facendo una vita durissima, pur vedendo ancora oggi la grande povertà in cui vivono e la mole di lavoro che anche gli anziani fanno nei campi e sotto al sole.

Mentre visitiamo il cimitero il caldo delle ore centrali si fa sentire e decidiamo di fermarci a pranzare in uno dei baretti li davanti.
Vale saggiamente si prende un gelato, io non resisto a provare due "placinta", sono come dei calzoni fritti con ripieno salato o dolce, per 50 cent l'una me ne sparo una con la carne e una con la cioccolata, alla faccia dei 40 gradi e del pranzo leggero!

Dei nuvoloni neri carichi di pioggia ci fanno desistere dal proseguire verso nord per riscendere a Baia Mare, ritorniamo invece a Sighetu Marmatei inseguiti dalla pioggia, da qui non riprendiamo la 18 ma ritorniamo sulla strada del giorno prima, sembra un suicidio ma lungo quella strada c'è il Monastero di Barsana e altre chiese che vogliamo vedere, inoltre sulla 18 prenderemo sicuro la pioggia.

Ripiombiamo nel nulla e nell'infinita fila di case del giorno prima ma la moto scarica risponde molto meglio alle condizioni della strada e la soffriamo molto meno, riusciamo anche a tenere un passo decente e a soffrire meno il caldo.

Ad un certo punto mi perdo, è tutto uguale  non capisco se abbiamo già superato il monastero o se ci dobbiamo arrivare.
Incontriamo un gruppo di olandesi in bici, fermi a bordo strada per riprendersi dal caldo, hanno mappe di ogni dimensione e gli chiedo se sanno dove dobbiamo andare.
Mi dicono di tornare indietro.
Non so perché ma io ero convinto fosse poco più avanti e che non lo avessimo superato.
Mi rigiro ma ho imparato a fidarmi più del mio istinto che degli altri, dopo 100 metri accosto e chiedo ad un vecchietto seduto su una panca.
Sorride con due denti scarsi che spuntano, non capisce una mazza di quello che dico, urlo Monastero di Barsana spostando l'accento in tutti i modi, alla fine capisce e lo ripete a modo suo, gli indico la direzione data dagli olandesi e mi fa capire che devo tornare indietro.
Lo sapevo! Sti olandesi! 8 mila mappe e non sapete manco dove state!

Poco dopo arriviamo al Monastero.
La struttura risale al 1700 ed è completamente in legno.
Sembra il mondo delle fate, abbiamo la fortuna di non trovare quasi nessuno e l'atmosfera è veramente da pace dei sensi.

Come si fa a non credere in qualcosa di più grande in mezzo a tutta questa pace, in questa natura dominante, dura ma bellissima?!
Come si fa a non entrare in contatto con le parti più nascoste di noi stessi quando si è immersi in un silenzio simile dove l'unico rumore è quello dell'erba mossa dal vento?

La perfezione della natura viene fuori prepotente quando mi rendo conto che sono nato e cresciuto in una città come Roma ma in un posto cosi, senza i comfort e le sicurezze della città, mi sento in un'armonia che non ho mai provato nella vita di tutti i giorni, mi guardo intorno e mi chiedo se davvero siamo nel 2014, qui il tempo sembra fermo!
Mi chiedo se davvero abbiamo preferito un mondo fatto di tangenziali e metropolitane a tutto questo.

Ripartiamo per visitare le altre chiese che però troviamo chiuse e possiamo vedere solo da fuori.


Alla fine la pioggia ci raggiunge ma fortunatamente troviamo una fermata dell'autobus dove ripararci.
In realtà potremmo continuare ma l'asfalto è troppo viscido e preferisco aspettare.
Con noi si ferma uno dei tanti vecchietti che lavorano nei campi tutto il giorno.
A vederlo arrivare equipaggiato di forconi, rastrelli e accetta in mano qualche preoccupazione l'ho avuta ma quando arriva ci saluta sorridendo e ci chiede se veniamo dall'Ucraina (che è abbastanza vicina), quando gli dico che siamo italiani resta un attimo incredulo poi torna a sorridere.
Appena smette di piovere il signore riprende la sua strada, noi ripartiamo 5 minuti dopo e arriviamo velocemente alla pensione.
Scopro che nella pensione c'è anche una lavatrice e una asciugatrice, chiedo al cameriere se posso usarla e quanto costa, a quanto pare è gratis. Salgo di corsa a prendere la roba sporca perché siamo veramente a corto di vestiti, quando scendo mi dice che forse dovrò pagare qualcosa, non è lui che decide ma il proprietario, ovviamente gli dico che non ci sono problemi ne ho bisogno è giusto.
Fa tutto lui, li mette su, carica lavatrice ed asciugatrice e me li riporta in camera.
Il proprietario vuole 4 euro però, mi fa mille scuse, dice che è sempre stato gratis, che non decide lui, gli dico di non preoccuparsi, che a me serve e so che non centra nulla.
La sera altro cenone a 10 euro, l'ultimo perché il giorno dopo si riparte.

13 GIORNO:          Da Borsa a Piatra Neamt, ospiti di Codrina!

Quando partiamo siamo un po' dispiaciuti, saremo voluti rimanere ancora a goderci questi posti ma i giorni sono volati e non siamo nemmeno a metà viaggio.
Non posso poi negare che l'idea di arrivare oggi a casa di Codrina non mi dispiace affatto, questi primi tre giorni in Romania sono stati bellissimi ma ci è sembrato di essere in un altro mondo e l'idea di una casa che ti aspetta, di qualcuno che vuole aiutarti ci sembra qualcosa di stupendo.

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E' domenica e lasciamo Borsa immersa nel silenzio, abbiamo 250 km davanti prima di arrivare a Piatra Neamt a casa di Codrina.

La strada, finito il paese, inizia subito a salire immersa nei boschi e poco dopo scopriamo che esiste anche una Borsa alta che rispetto alla parte bassa sembra Cortina.

Saliamo velocemente sui monti, intorno a noi ci sono solo alberi e montagne, la statale 18 qui segna il confine tra il Parco Nazionale del Maramures e il Parco Nazionale dei Monti Rodnei e non c'è traccia di presenza umana.

Come prevedibile la strada diventa un inferno, in questo primo tratto il problema principale è il brecciolino e il fatto che per lunghi tratti l'asfalto è stato scavato e grattato, non è minimamente segnalato, nemmeno in curva e la cosa peggiore è che non è stato scavato gradualmente, quindi di botto ci si trova davanti a scalini di 10-15 cm che diventano dei muri quando ricomincia l'asfalto.
Siamo costretti ad andare pianissimo, quando siamo fortunati riusciamo a fare 200 metri sullo stesso asfalto ma in alcuni tratti i pezzi si alternano ogni 30 metri.

Il lato positivo è il paesaggio, saliamo cosi piano da poter godere pienamente di questa bellezza, ci riempiamo gli occhi di verde e il naso di aria pulita e fresca.

In compagnia di un gruppo di Gsisti crucchi arriviamo in cima alla salita, dove troviamo il Monastero di Prislop, ammiriamo la vista dall'alto ma non ci fermiamo per il Monastero, abbiamo perso già troppo tempo a fare questi pochi km e non sappiamo come sarà la strada dopo, senza contare che dopo un po le chiese in Romania si assomigliano un po tutte e noi ne abbiamo ancora tante da vedere.


La discesa si rivela da subito un incubo, aveva tutto quello che una strada può avere per essere brutta ma lo aveva all'ennesima potenza.
Asfalto come sapone, dove c'è è ondulato come il letto di un fiume ma spesso lascia posto a crepe lunghe decine di metri e larghe quanto le mie gomme oppure a buche profonde e dai bordi altissimi.
Il brecciolino, sassi appuntiti e pezzi di asfalto rotto riempiono il resto.
Ovviamente tutto questo è presente contemporaneamente e per capire dove mettere le ruote ci vorrebbe un esperto di traiettorie della NASA.

Il risultato è che ci sembra di essere tornati a due giorni prima quando sentivo la moto ribellarsi in ogni sua parte a quegli scossoni ma qui se possibile la situazione è peggio.
Procediamo tra i 20 e i 40 kmh, passando da un lato all'altro delle carreggiata, spesso contromano, altre volte sulla striscia di sterrato a bordo strada, con macchine che salgono e scendono anche loro più attente alla strada che a quello che hanno davanti.

Faccio tantissime pause, i km scorrono lentissimi, i Gsisti che avevamo lasciato al monastero ci superano suonando, li vedo tutti in piedi sulle pedane sfrecciarmi vicino senza bagagli, saltando da una buca all'altra, un po li invidio ma capisco anche perché sfondano cardani e cerchi.

Proseguiamo la nostra marcia consolati solo da un paesaggio che quando hai tempo di alzare gli occhi ti fa sentire in paradiso.

Non incontriamo nessuno, non una casa, non un benzinaio, nulla, solo foresta e ogni tanto fanno capolinea degli accampamenti di zingari.
Sono diversi da quelli italiani, qui non vivono in città ma si accampano in montagna dentro capanne fatte di legno e teli di plastica.
Nei tratti in cui il bosco lascia spazio troviamo veri e propri villaggetti con i fuochi accesi, le donne che lavano o cucinano sulla riva del fiume, i bambini che giocano sulla strada e gli uomini che ogni tanto spuntano dal bosco con cesti pieni di funghi, legna e roba varia.
Sembra un mondo idilliaco che sicuramente è esattamente il contrario di ciò che sembra e per quanto affascinati non mi fido per niente anche perché al nostro passaggio i bambini si schierano ai lati della strada e si avvicinano tantissimo alla moto, la cosa non mi fa stare tranquillo anche in termini di sicurezza per loro, basta nulla per investirne uno o fargli male.

Incontriamo verso la fine qualche piccolo paese ancora più sperduto e desolato di quelli a valle, essendo domenica sono quasi tutti intorno alla chiesa del paese e quando ci fermiamo per cercare un bar o un bagno diventiamo argomento di discussione di tutti, soprattutto Valeria è oggetto di quasi tutti gli sguardi.
Capiamo che trovare un bagno è impossibile, i bar che ci sono non hanno nulla, sembrano solo sale da ballo per feste di paese e parole come toilet, bathroom o wc sono aria sprecata.
In tutto ciò le strade nei paesi diventano paradossali, mi chiedo perché non le lascino sterrate a questo punto. Ci sono crateri cosi grandi da essere ridicoli, sembra che abbiano bombardato la strada e in alcuni tratti ci diamo da soli la precedenza alternata con i veicoli nella direzione opposta perché bisogna compiere veri e propri slalom.

Dopo 50km e più di 2 ore forse vediamo la fine del tunnel, la 18 termina sulla statale17 segnata come E58 ovvero strada europea e qui in Romania dove non ci sono autostrade, le strade con la sigla E sono tenute benissimo, spesso a due corsie per senso di marcia, un paradiso a confronto delle strade interne.
Un piacere che dura poco perché la lasciamo subito ma le strade saranno quasi sempre decenti fino a Piatra.

Dopo Vatra Dornei la strada si ributta subito tra i monti, attraversa le vallate seguendo il corso di un fiume e lasciandoci ancora una volta a bocca aperta, km e km di stupore, di curve che si aprono su valli da sogno, arriviamo cosi fino al Lago di Bicaz.

La zona è abbastanza turistica, nulla a che vedere con la regione del Maramures e scendiamo lungo il lago seguendo una millecurve tenuta benissimo.
Gli scorci sul lago sono meravigliosi e forse l'intera area meriterebbe qualche giorno per essere visitata come merita.


Poco dopo arriviamo a Piatra Neamt dove ci attende Codrina.
Ci accoglie da subito con un mega sorriso, è gentilissima e noi ci scusiamo per le nostre condizioni, fa un caldo assurdo e abbiamo sudato l'anima.
Ci ospita in una grossa villa a due piani arredata di tutto punto e ci lascia praticamente mezza casa.
Scopriremo dopo che in realtà questa casa la usa pochissimo ma vive in una più piccola al centro di Piatra e si è trasferita qui solo per ospitarci, ci sentiamo davvero in imbarazzo ma sembra felicissima di ospitarci e ormai non possiamo farci nulla.

La vera star della casa però non siamo noi ma Nadia, la figlia di Codrina, un frugoletto che è una forza della natura, dalla risata contagiosa e che con i suoi boccoloni castani sembra un angioletto uscito da un affresco.

La sera Codrina ha già organizzato tutto per una cena a base di piatti tipici come i Mici che sono delle piccole salsiccette e altre cose sfiziose, per una sera non si pensa a nulla e non ci dispiace affatto stare a "casa".
Mentre la piccola Nadia movimenta la cena saltando da tutte le parti e facendoci tornare bambini, parliamo un po' con Codrina.
Parliamo di tutto, ci dice di lei, che venne in Italia con la famiglia ma all'epoca dovette tornare in Romania scaduto il permesso di soggiorno. Non trovava nessuno che le desse un lavoro dignitoso e in regola, il poco che trovava oltre ad essere in nero era più che sottopagato usando il ricatto che senza un lavoro sarebbe dovuta tornare a casa, quindi o quelle condizioni o niente.
Ci sentiamo un po' in colpa e in imbarazzo ma sappiamo perfettamente di che parla, conosciamo bene queste realtà, solo che a noi non scade il permesso di soggiorno e ce ne possiamo lamentare comodamente seduti al bar senza muovere un dito. Lei invece si è data da fare, è tornata in Romania e si è creata una vita.
Gli piacerebbe vivere in Italia e gli manca la famiglia che ci vive ma con Nadia e la sicurezza di un lavoro non è nemmeno pensabile trasferirsi e poi per cosa? Per risentirsi le solite proposte ridicole?

Parliamo del Maramures, di quanto ci sia sembrato povero, di quanto sembri un'altra nazione rispetto alla zona di Piatra e del Lago di Bicaz.
Gli diciamo che abbiamo notato contraddizioni e cose assurde, come il fatto che si vedano solo bambini e vecchi o che in uno stesso cortile ci sia la casa diroccata e la villa moderna, o il calesse e il suv, gli chiediamo il perché di tutto questo.
Ci spiega che in quelle zone non c'è molta scelta o si lavora nei campi, o si va in altre zone della Romania, o si va fuori e tutti preferiscono andare in Europa dove guadagnano 2 o 3 volte lo stipendio medio romeno.
Con i soldi che fanno tornano con le macchine europee, costruiscono le ville e spesso tengono quelle di legno vecchie, lo fanno per mantenere le tradizioni ma allo stesso tempo sono come "in competizione" con i vicini e per questo spesso si vedono villoni del tutto fuori luogo e assurdi, pura ostentazione.

Parliamo del fatto che lo stato sia del tutto assente se si esce dalle zone più sviluppate, la sanità fa pena, i mezzi di trasporto sono quasi assenti, le strade sono abbandonate ad accezione delle Europee ma anche quelle d'inverno vengono pulite molto poco e ci dice che spesso muoversi da un paese all'altro è impossibile perchè nessuno spazza le strade dalla neve.
Ci parla di un sistema scolastico molto scadente, che non tutti si possono permettere, che non sempre è facile da raggiungere e che rispetto a quello italiano è davvero carente, cosa che la fa preoccupare molto per la piccola Nadia che nel frattempo con del pongo arancione ha riempito il tavolo di tante piccole carote, anzi morkov, perché alla fine quell'angioletto ci ha dato lezioni di romeno e ancora ora, certe cose, io e Vale le chiamiamo in romeno tra di noi.

14 GIORNO:          Piatra Neamt, le Gole di Bicaz e il Lacu Rosu

Ci alziamo presto perché Codrina deve andare a lavoro.
Un risveglio molto lento, il suo caffè non è il nostro. Il caffè è cosa da italiani, ora lo sappiamo.

Conosciamo Sara, la babysitter di Nadia, ha 22 anni e la tipica bellezza dell'est, Codrina ci dice che sarebbe stata comunque con Nadia ma noi siamo convinti che l'abbia chiamata solo perché ci siamo noi e ci sentiamo un po' in colpa.
Accompagno Codrina a lavoro in moto, ama le moto, ha anche preso la patente ma resta un sogno e questo è il minimo che posso fare.
Mentre l'accompagno al centro di Piatra mi accorgo che le persone attraversano la strada solo sulle strisce ma non guardano mai, si buttano e basta, non ci avevo mai fatto caso prima ma la cosa è fastidiosa, solo quando Codrina scende mi spiega che in Romania i pedoni hanno ragione assoluta e che passando sulle strisce mentre un pedone ci posa anche solo un piede, si rischia il ritiro immediato della patente.

Torno con maggiore attenzione verso casa, prendo Valeria, salutiamo Sara e Nadia e torniamo in centro a visitare Piatra.

Rispetto a quello a cui ci siamo abituati negli ultimi giorni, Piatra sembra una metropoli, in realtà non è grandissima ma sicuramente più di quanto ci aspettassimo, forse anche per via della struttura e dei grossi edifici che le donano un aria più metropolitana.
Viene definita la "Perla della Moldavia" e un po' lo è con il piccolo centro storico formato dalla Chiesa di Corte, dalla Torre di Stefan cel Mare, simbolo della città e dalla sua Statua.

Una perla di monumenti del 1500 che spunta (e stona) in una conchiglia di palazzi in stile sovietico, fortunatamente non troppo alti da impedire la vista delle bellissime alture intorno.

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Verso fine mattinata riprendiamo la moto e partiamo verso le Gole di Bicaz e il Lago Rosu.
In nemmeno mezz'ora ci troviamo all'inzio delle Gole, la strada sale lentamente e il paesaggio diventa sempre più verticale fino a stringere la strada tra due immense pareti di roccia.

Su un asfalto vellutato strisciamo su questo serpente nero dentro le viscere delle montagne guardandoci intorno stupefatti mentre l'aria diventa sempre più frizzante.
Nei pochi e piccoli punti in cui le pareti si allontanano un po, una marea di baracche improvvisate vende di tutto, dal legno al miele, dai prodotti tipici agli abiti in lana fatti a mano.
Io mi innamoro profondamente dei velli di pecora, già mi immaginavo il livello di ignoranza che avrebbe raggiunto la moto e c'è poco da fare, il vello di pecora vero fa molto viaggiatore wild, ma facevano anche 30 gradi e non avevamo spazio nelle borse, sarà un grosso rimpianto.

Le gole sono più lunghe del previsto e saliamo per un bel po prima di arrivare al Lacu Rosu.
Il posto è incantevole, totalmente immerso tra i boschi e le montagne a picco, la superficie del lago nelle sue mille sfumature di verde rispecchia perfettamente il paesaggio ed è interrotta solo da decine di tronchi sommersi che affiorano ogni tanto e sembrano delle colonne che dal fondo reggono la superficie del lago.

E' quasi un paesaggio alpino e come prevedibile il posto è pieno di turisti, famigliole, scuole e per la prima volta anche tanti motociclisti, per lo più ungheresi che sembrano aver colonizzato l'area.
Visto il caldo e l'ora decidiamo di mangiare qualcosa prima di visitare il lago.
Attratto come sempre dalle cose locali e particolari e vedendo che tutti mangiano una strana pizza ricoperta di qualcosa di bianco decido di provarla.
Dopo aver fatto anche una bella fila ordino il mio "langos" e torno trionfante con quella che sembra una pizza fritta ricoperta di smantana e formaggio morbido abbondantemente grattugiato sopra.
Vale mi guarda schifata e mi dice che puzza di aglio, io che fino a quel momento mi sentivo fico come in un programma di Dmax, sbianco temendo il peggio.
La "leggerezza" del langos si sente dal primo morso dove prendo subito un chilo, ma quello che dopo 2-3 bocconi ti lascia senza parole e con le lacrime agli occhi è il retrogusto "delicatissimo" di aglio, una piantagione di aglio, anzi una piantagione incendiata perché è talmente forte che ti brucia naso e gola.
Alla fine capiamo che quella che credevo smantana in realtà è una salsa all'aglio fortissima che mi lasciare un sapore atroce per circa 3 giorni.
Vale se la ride anche se è una vittima indiretta, io ancora oggi mi chiedo come facessero quelle persone a fare anche la fila.

Con  un carico di calorie sufficienti al decollo dello Space Shuttle e perfette quando ci sono 30 gradi e il sole cocente, partiamo per il giro a piedi del lago.
Seguiamo un sentiero lungo la riva che in un'ora scarsa dovrebbe riportarci al punto di partenza, se abbiamo capito bene.
La vista è meravigliosa e ci siamo solo noi.


Praticamente alla fine del sentiero, a 100 metri in linea d'aria dal punto in cui eravamo partiti, il sentiero sale ripido nel bosco per poi terminare nel vuoto. Seguiamo varie tracce ma portano tutte ad uno strapiombo.
Alla fine ci arrendiamo, torniamo indietro e capiamo forse perché non ci fosse nessuno lungo il sentiero anche se il dubbio che l'errore sia stato nostro è rimasto.
Dopo due ore di trekking torniamo alla moto e con molta calma rientriamo a casa e vado a riprendere Codrina che esce da lavoro.
La sera andiamo tutti a cena fuori, non sappiamo come sdebitarci con Codrina e pensiamo che il minimo che possiamo fare è regalarle qualche attimo di serenità ma soprattutto evitarle di dover pensare pure a noi quando esce dal lavoro.
Andiamo in un bellissimo ristorante vicino casa dove poter mangiare dell'ottima cucina rumena, ceniamo all'aperto e ci facciamo consigliare da Codrina su cosa prendere, anche perché i menù sono tutti in romeno e non ci capiamo nulla.
Alla fine ordiniamo una marea di roba tra polenta, polli ripieni, pollo fritto, contorni e sarmale (foglie di cavolo o di vite con dentro riso, aglio e salsicce, noi li abbiamo amati!), non contenti prendiamo pure il dolce.
Offriamo noi e restiamo sorpresi quando scopriamo che il conto totale è quello che in Italia avrei potuto spendere da solo e forse senza mangiare cosi bene e cosi tanto.

15 GIORNO:          2 generazioni a confronto!!!

Oggi il caffè lo facciamo noi, più per far trovare a Codrina quando si sveglia una tazzina calda già pronta che per svegliarci noi, oggi piove!
Salutiamo Codrina che non posso accompagnare a lavoro e restiamo a casa con Nadia e Sara.
L'idea di andare a visitare i monasteri della Bucovina salta ma non ci dispiace troppo, un attimo di stop non ci fa male, ci dispiace solo disturbare Codrina un giorno in più.

Nadia che è la più sveglia di tutti, dall'alto del suo mezzo metro si mette subito a insegnare qualche parola di rumeno a Valeria, una scena che non avrei mai creduto di vedere e che mi fa morire dal ridere.
Passiamo tutta la mattinata a giocare con Nadia e a parlare con Sara che parla molto bene inglese ed è un'occasione irripetibile di confronto.

Ci troviamo a parlare della cattiva reputazione della Romania in Italia, lei non capisce perché ci sia questo pregiudizio e proviamo a spiegarglielo ma non è facile, qui la gente inchioda per far passare i pedoni, rispettano quasi tutti i limiti di velocità anche quando sono ridicoli, mai nessuno ci ha chiesto un solo centesimo, mai abbiamo visto un barbone all'angolo della strada, mai uno rovistare nei rifiuti, sembra che la Romania conosciuta in Italia sia da un'altra parte. E come glie lo spieghi? Come fa a crederci?

Gli parliamo di come, prima di tutto, sia proprio la stampa spesso a non fare molta distinzione tra rom e rumeni portando molti a non distinguere due popoli che invece sono diversissimi, gli spieghiamo come spesso certa stampa sottolinei forse troppo l'origne di chi compie crimini e cerca quasi di diffondere un panico inesistente, gli spieghiamo come parte della politica italiana sfrutti e utilizzi l'odio verso lo straniero accentuando paura e razzismo.
Siamo anche costretti ad ammettere che purtroppo, troppo spesso ci sono romeni o rom dietro a gravissimi incidenti, o a furti, rapine, stupri. Siamo convinti che quei pochi, che a noi sembrano tanti essendo sempre sotto i riflettori, in realtà non rappresentino nulla della Romania e del suo popolo, così come la mafia non rappresenta me, Valeria e milioni di altri italiani, ma è un dato di fatto che cosi facendo si espongono a strumentalizzazioni, panico, odio e razzismo.
Gli spieghiamo che da noi i rom si accampano nelle città, buttano l'immondizia ovunque, gestiscono traffici illeciti, rovistano continuamente nei secchi, rubano rame e ferro ovunque, chiedono l'elemosina con insistenza, in continuazione e arrivano a minacciarti per avere una mancia quando devi parcheggiare la macchina o devi fare il biglietto della metro.

Sara in parte capisce, in parte resta incredula di quello che sente e lo siamo anche noi a dirglielo perchè da quando siamo in Romania di tutto questo non ne abbiamo avuto il minimo sentore.
Ci conferma che loro ai "black face", come li chiama lei, non danno nulla e ormai non chiedono più nulla, dice che sanno che non devono accamparsi nelle città o nelle vicinanze e per quanto abbiamo visto finora, mai abbiamo incontrato una capanna, una baracca o altro se non quelle sperdute nei monti del Maramures.

Lei prova quasi a scusarsi ma non serve, non con noi. Si, avevamo qualche pregiudizio una settimana prima ma sono crollati tutti davanti a un popolo che come civiltà e rispetto finora ci ha stupito e comunque sappiamo benissimo non sono come ce li vogliono mostrare e che se delle mele sono marce non vuol dire che sia marcio l'albero.

Con Sara parliamo anche dei nostri sogni, dei nostri progetti e lei ci parla dei suoi ed è bellissimo mettere a confronto la stessa generazione in due posti così diversi.
Ci parla dei suoi studi in farmacia, di quanto gli piaccia studiare sapendo che potrà essere utile agli altri, ci racconta di come non venendo da una famiglia ricca e avendo tanti fratelli si mantenga da sola anche gli studi lavorando come babysitter.
Ci dice di come fino a qualche anno fa fosse una persona più triste, forse come tutti gli adoloscenti, ma ora ha imparato ad essere felice, serena e in qualche modo questa positività riesce a trasmetterla anche a noi, è bello vedere una persona cosi piena di voglia di vivere, di sogni e di ambizioni in un contesto che potrebbe facilmente buttare giù chiunque.

Gli chiediamo se lascerebbe la Romania, se non preferirebbe vivere e lavorare in un altro posto in Europa.
Dice di amare il suo paese, di voler restare e di voler vivere qui, vuole migliorarlo e non vuole scappare.
Parole pesanti come un macigno per noi.
Noi che abbiamo tutto, noi che facciamo i viaggi che lei sogna, proprio noi che vediamo tutto nero in Italia e non riusciamo a guardare con la stessa serenità al nostro futuro, che spesso pensiamo che non ci sia più possibilità di salvezza per il nostro paese, che ancora più spesso guardiamo all'estero, alla fuga, in cerca di qualcosa di migliore...

Forse Sara non lo saprà mai ma quelle parole, quella fiducia nel poter cambiare le cose anche solo nel nostro piccolo quotidiano, in lei sono cosi forti e sincere da lasciarci un segno.
Quella ragazza di 22 anni, che per la prima volta in vita sua con noi ha assaggiato dei pinoli fino a qual momento sconosciuti, è il simbolo di un popolo che ha voglia di cambiare, di migliorare e di crescere, di mostrare chi è veramente, è il coraggio che in Italia a troppi della nostra generazione manca e lo stiamo pagando.

Alla fine di questi e altri discorsi che ancora oggi ci fanno pensare, siamo tornati a Piatra con un tempo più clemente della mattina.
E' quasi incredibile veder passare sopra i tetti di Piatra una moderna ovovia che porta ai monti intorno da cui partono anche alcune piste da sci e ancora mi chiedo che stupido pretesto usammo con noi stessi per non salirci.
Quando torniamo a casa troviamo Codrina che come un coglione mi sono scordato di andare a prendere a lavoro ed è tornata con un taxi, ancora mi sento una merda.
La sera ovviamente ripetiamo la cenona del giorno precedente provando altri piatti tra cui una zuppa con dentro delle polpette e servita dentro una pagnotta scavata e dalla forma di un panettone, ottima e tappante.

16 GIORNO:          Monasteri della Bucovina

Partiamo abbastanza in fretta, la giornata è ottima e la destinazione sono i Monasteri della Bucovina, regione storica nel nord est della Romania, circa 400 km tra andata e ritorno.

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Arriviamo a Targu Neamt ormai assuefatti ai paesaggi che restano comunque da torcicollo, proseguiamo verso Falticeni ma svoltiamo prima verso Guru Homorului, vicino al quale la mia mappa indica il primo dei monasteri, il Monastero di Voronet.
Le indicazioni sono chiare e il flusso di macchine improvviso è l'inconfondibile conferma che siamo sulla strada giusta.
Quello che non ci aspettiamo però è che prima del monastero a causa di lavori sulla strada veniamo deviati nel dietro le quinte delle case costruite ininterrottamente lungo la strada e scopriamo cosi quel mondo finora a noi nascosto che si traduce in case ancora più abbandonate e in un lungo tratto di sterrato fangoso dove conquistiamo la stima di tutti superando una conca ripidissima sia a salire che a scendere.
La ninjetta scoda ovunque, slitta, sgomma e spara fango cercando di divincolarsi ma alla fine risbuca sull'asflato incolume.
Prima del monastero auto e pullman vengono smistati da svariati parcheggiatori nelle varie aree a pagamento, noi riusciamo ad evitarli e facendo finta di guardare il paesaggio arriviamo davanti all'ingresso dove lascio la ninjetta un po nascosta visto che sembrava attirare più sguardi del monastero.

All'entrata una suora ci fa pagare l'ingresso, 4-5 Lei a testa (1-2 euro) che pagheremo a tutti i monasteri , ci sta pure il fatto di pagare, poi cosi poco, ma almeno evitassero di metterci una persona di fede e di accoglierti con pareti di immagini sacre, calamite, t-shirt stampate, la commercializzazione del sacro a livello autogrill non la sopporto ma ormai è una cosa comune a tutte le società e a tutti i gradi di civiltà.
Per protesta ruberemo qualche scatto con il telefono anche se sono sempre chiaramente vietate le foto all'interno.
Il Monastero ci lascia un po perplessi, quando si dice monastero in Italia pensi a grandi edifici o comunque ad una serie di edifici dove i religiosi si ritirano a vivere e pregare, qui invece sono piccole chiese al centro di cortili chiusi da 4 mura, hanno più l'apparenza di una fortezza o di un castello che di un luogo di culto.

Le chiese per quanto piccole sono stupende, totalmente ricoperte di affreschi fuori e dentro, piene di blu rosso e oro,  sono tutte uguali, tutte con la stessa forma e quasi la stessa grandezza, tutte con lo stesso tetto, ma gli affreschi cambiano da monastero a monastero.
La prima cosa che ci siamo chiesti è perché non le chiudano con delle lastre di plexiglas o altro, sono totalmente esposte a sole, pioggia e neve, chiunque può toccarli con mano e trattandosi di affreschi del 1500 e di patrimonio dell'umanità, restiamo stupiti che nessuna associazione intervenga.

I monasteri come detto sono quasi tutti uguali, soprattutto ad un occhio inesperto e in una visita "veloce", sembrano la copia uno dell'altro, in realtà gli affreschi raccontano storie diverse e si potrebbe passare una giornata solo ad ammirarne uno.
I monasteri principali e più famosi sono quello di Voronet, di Sucevita e Moldovita, ma sulla mappa ne vedo una marea segnalati, sicuramente simili a questi tre e tutti costruiti tra il 1400 e 1600.
Personalmente il più bello, quello che merita più tempo e più attenzione è il Monastero di Voronet, è conservato benissimo esternamente e per chi ha poco tempo consiglio di vedere anche solo questo ma di vederlo bene, magari con una guida.

Lasciato il Monastero di Voronet partiamo a vedere prima quello Moldovita poi quello di Sucevita.
Come detto, una volta visto Voronet, gli altri sembrano quasi meno belli o comunque delle copie, in realtà ogni volta che entriamo in questi cortili restiamo meravigliati davanti a queste piccole "Cappella Sistina" a cielo aperto, sembrano uscite dal mondo dei sogni.
L'atmosfera poi è molto particolare perché quella che per noi è un'attrazione, per moltissimi visitatori invece è un luogo di culto, un luogo dove pregare, dove baciare le icone sacre, dove manifestare la loro fede e il silenzio e il rispetto sono massimi.


Tanto bello quanto i monasteri è arrivarci, attraversare posti meravigliosi dove è la natura a fare da padrona, attraversare villaggi e paesini che se non fosse per quell'unica strada sarebbero isolati nelle loro valli, è scoprire tra i boschi strade cosi ben asfaltate da far invidia ad una pista, è trovare in cima ad un monte che pensi dimenticato da dio, decine e decine di famiglie che banchettano tra gli alberi e nei prati, amando e rispettando la natura.
Già perché mai come lì e come nel Maramures mi sono trovato davanti ad una natura cosi forte e vasta da far ricordare che una volta era lei a regolare tutto, che una volta noi eravamo solo delle formiche in balia della sua potenza e lo siamo ancora, solo che ci siamo chiusi nelle nostre città e cerchiamo di dimenticarlo.

Dal Monastero di Sucevita, dove troviamo una vera e propria folla, ripartiamo per Putna che si trova più a nord.
Arriviamo vicinissimi al confine con l'Ucraina, all'ultima svolta le indicazioni sono Putna o frontiera.
Mi sembra quasi incredibile leggere un cartello simile, essere cosi lontano da casa, abbiamo quasi perso la cognizione dello spazio, ci siamo talmente abituati all'idea di essere lontani che non ci pensiamo più.
Purtroppo mi sto rendendo conto che molte foto le vedo chiaramente ma le ho scattate con la mente e non con la macchina fotografica, errori che si fanno quando sei più preso dal viaggio che da tutto il resto.

Salutiamo il bellissimo monastero di Putna dove non troviamo nessuno se non i locali e iniziamo il ritorno a Piatra, circa 170 km più a sud.

Ripercorriamo per un lungo tratto la strada fatta per arrivare li, una strada dritta, drittissima, tra case sparse qua e là e con un sole cocente in testa.
Sto guidando totalmente alienato, pensando che sono le 4 e prima delle 8 non saremo a casa, che è tutto il giorno che siamo in giro e i km sono stati cosi intensi e pieni di cose che ci hanno veramente stordito.

Uscito da una delle pochissime curve, vedo davanti a me una volante della polizia a circa 1 km venirmi incontro.
Non mi allarmo minimamente, sto guidando molto rilassato, non faccio nulla di male e sarebbe stato molto peggio trovarsela davanti a passo d'uomo.
Nemmeno il tempo di pensarlo che a 500 metri si illumina tutto, sirena a palla, lampeggianti accesi, abbaglianti, dai finestrini tirano fuori due palette lunghe un metro.
Mi fermo a qualche metro, penso che debbano fare inversione a U o che debbano fermare quello dietro di loro, il pensiero che possa riguardare noi sulla corsia opposta, mi sfiora a malapena la testa, non capisco perché dovrebbe.
Dal finestrino della volante si affaccia la testa di un poliziotto, ce l'hanno proprio con noi, mi fa cenno di fermarmi li a bordo strada.
Metto la moto sul cavalletto e spengo, Vale inizia già a dire i primi "Oddio! E mo? Che succede? Che c'è?", io scendo con quella strana sensazione di quando non sai che succede ma sei pronto al peggio, intanto dico a Vale di stare calma, zitta e far parlare me ma è già sul piede di guerra.
Si avvicina un poliziotto che mi arriva alla spalla, occhiali da sole a specchio, barba rada, sta tutto impettito e sembra uscito da un remake di CSI.
Dico a Vale di levarci i caschi, sperando in quell'effetto pena che le nostre facce da semi bambini potrebbero provocare.
Niente, non gli facciamo la minima pena, abbiamo dato senso alla sua giornata, si vede dall'epopea con cui si atteggia e dal sorrisino che ogni tanto gli esce.
La prima frase è quella che temevo di più "Documenta!"...
Provo a fare il vago ma Vale, a cui avevo chiesto di stare zitta, mi traduce che vuole patente, libretto e documento suo.
Cazzo lo avevo capito perfettamente ma volevo evitare!
Il poliziotto capisce che Vale mi ha tradotto. Il nervoso sale.
Quando si prende tutti i documenti e risparisce nella volante capisco quelle frasi di altri viaggiatori che mi dicevano "quando la polizia prende i tuoi documenti, sei fottuto!", ecco ora hanno tutto loro, libretto, patente e carte d'identità, un full senza cui non sei nulla fuori dal tuo paese.
La cosa che avrei voluto evitare di più al mondo!

Torna, ci mostra un verbale incomprensibile, capiamo che ci hanno fatto una multa, ci indica una telecamera sul cruscotto, pare che rilevi la velocità dei veicoli sull'altra corsia che gli vanno incontro, hanno la foto e dobbiamo pagare, lì e subito.
Mi incazzo e pesante, gli dico che non sapevo fossimo in un centro abitato, siamo in mezzo a due campi che separano due gruppi di case, non sapevo che il limite fosse di 50 anche perché non si vedono segnali nel raggio di km, non sapevo che potessero fare le multe cosi (in Italia un sistema simile non esiste), ma soprattutto non gli pago una beata minchia lì!

Chiamo Codrina la quale mi conferma che da un anno è stato introdotto questo sistema di rilevamento, molto raro ma c'è, lei si è scordata di dircelo ma amen, era destino forse.
Gli chiedo che fare, mi consiglia di proporgli 20-30 euro. Pensavo che la storia delle mazzette fosse una leggenda ma se proprio una che vive qui me lo dice allora ok!
Spiego al poliziotto che siamo ospitati da un amica a Piatra, che non abbiamo soldi dietro perché li abbiamo lasciati lì e abbiamo preso solo il poco per benzina e cibo che ovviamente è finito.
Non ci crede gli sembra assurdo, si aspetta che essendo turisti siamo pieni di soldi.
Vale, che non riesce a stare zitta, rincara dicendo di controllare se vuole. La fulmino!
Nello zaino ho quasi 1000 euro contanti se controlla siamo fregati.
Cerco di cambiare discorso tirando fuori l'equivalente in Lei di 30 euro e gli dico che è tutto quello che ho al momento e che sono suoi se chiude un occhio.
Mi guarda con quegli occhialetti fastidiosi che non ti fanno vedere gli occhi e che gli spezzerei in faccia, già mi immagino al gabbio con l'accusa di corruzione, poi in un tono perentorio e chiaro mi dice che questa strada non è praticabile, c'è una foto di noi a 90 in un centro abitato.
Fanculo! Lo sapevo che la storia della mazzette non reggeva!
Mi dice di firmare il verbale.
"Non firmo un cazzo se non mi fai vedere la foto!" è la mia risposta, mentre Vale gli vorrebbe saltare alla gola quando ci mette fretta dicendo che devono correre ad un incidente appena avvenuto.
Dopo 5 minuti mi accompagna alla volonte dove la collega mi mostra la foto/video inequivocabile (anche se si vede solo il davanti e non la targa), il poliziotto intanto mi offende palesemente dicendo qualcosa sugli italiani.

Morale della storia la multa ce la prendiamo ma otteniamo di pagare a Piatra, 400 Lei, circa 100 euro.
L'incazzatura è tanta ma alla fine hanno ragione, posso dire tutte le scuse che voglio, che stavo come un hippy a guardare il paesaggio, che ero stanco, che pensavo ai km da fare, che la poesia del viaggio mi aveva rapito, ma la verità è che ero a 90 dove il limite è 50 ed è giusto così, lezione imparata e ringraziamo che non è troppo salata.
Penso alla situazione opposta, se una macchina o una moto rumena passava in un centro abitato italiano a 90 dove il limite era 50, gridavano tutti al linciaggio, perché per noi dovrebbe essere diverso?
Eppure la folla che avevamo radunato era tutta con noi e i pochi che parlavano italiano ci hanno detto "Non pagare! Tanto non arriva nulla!".

Torniamo a Piatra e mi accorgo di un qualcosa che non avevo mai notato, rispettano tutti i limiti o quasi, mentre alcuni, pochi in verità, vanno su queste strade come razzi tra i 100 e i 150 kmh.
Decido di sfruttarli e di restargli dietro alla giusta distanza, in modo che eventuali pattuglie fermino prima loro di noi e comunque in caso di polizia avrebbero frenato forte e ce ne saremmo accorti in tempo.
Faremo cosi fino all'uscita dalla Romania.

Arriviamo a Piatra giusto in tempo per la cena che Codrina e Sara ci hanno preparato per l'ultima sera, una cena squisita con zuppa e altri piatti locali ma anche tartine, salmone affumicato, avocado e altre delizie che non mi sarei mai aspettato di trovare e con cui ci tirano su di morale e almeno per qualche ora ci fanno passare l'incazzatura.

Domani partiremo e ci dispiace tantissimo ma abbiamo ancora tanta strada da fare e Codrina parte con Nadia 2 giorni dopo per l'Italia quindi non vogliamo rompere troppo.
Ci hanno regalato dei giorni stupendi, ci hanno accolto come parenti pur essendo perfetti estranei, ci hanno parlato e fatto capire quello che vedevamo intorno a noi, ci hanno dato modo di conoscere e vedere posti stupendi, ora però è il momento di proseguire.
 
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2 commenti:

  1. bella moto! io andro con mia moglie nell hotel wellness alto adige e partiremo dalla germania propio con la mia dugati multi strada www.belvita.it

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